Tecnicamente per errore in medicina si intende “una sequenza pianificata di azioni fisiche o mentali che fallisce nel raggiungere lo scopo prefissato e tale fallimento non può essere attribuito al caso” (Reason, J.T. 1990 Human Error, Cambridge University Press, Cambridge UK).
Altra definizione è quella di “evento avverso che è prevenibile secondo lo stato di conoscenza attuale” o - più brevemente – “evento avverso evitabile” (Quality Interagency Coordination Task Force, 2000, USA).
Secondo il rapporto IOM (Istitute of Medicine, USA, 2000) – in verità - solo un piccolo numero di errori medici vengono causati dall’incompetenza dei clinici, infatti nella maggior parte dei casi essi derivano da una interazione dinamica e piuttosto complessa tra fattori umani e di sistema.
Le conoscenze mediche, inoltre, hanno di per se natura probabilistica (Ars conjecturalis la definiva il medico dell’antica Roma, Aulo Cornelio Celso, 26 a.C - 50 d.C) e quindi l’errore è intrinseco alla stessa attività medica; esse hanno carattere provvisorio perché il progresso continuo della medicina sostituisce incessantemente nuove nozioni a quelle che si ritenevano acquisite in modo definitivo in precedenza, e si può così affermare che il 50% delle conoscenze mediche perdono di validità dopo circa 10 anni dal loro conseguimento.
Va tenuto presente anche che ogni paziente – a parità di terapie ed interventi – reagisce diversamente, grazie alla particolarità del proprio organismo, all’età, etc. quindi c’è chi sopravvive e chi, purtroppo si aggrava e muore.
Insomma la conoscenza in medicina non ha valenza assoluta ma ha dei limiti di veridicità, una base di natura empirica ed una di carattere probabilistico, così la medicina non sarà mai infallibile e gli eventi avversi continueranno sempre a far parte del sistema sanitario.